
La consapevolezza professionale nel lavoro con ragazzi neurodivergenti
Il Punto di Paola - Lugano, 10 agosto 2025, 12:07
Uno degli aspetti fondamentali della mia professione di tutor è favorire la costruzione di una rete efficace, capace di potenziare il funzionamento neuroatipico dei ragazzi valorizzandone i significativi punti di forza. Non si tratta semplicemente di lavorare in parallelo con altre figure professionali e familiari, ma di creare intorno al ragazzo un ambiente armonico, in cui possa esprimersi e crescere secondo le proprie caratteristiche.

Dal mio punto di vista, questa collaborazione è indispensabile e preziosa: costituiscela base del successo di ogni intervento. Quando questa “alchimia” si realizza, i risultati arrivano. Penso a tanti progetti in cui famiglia, scuola, ambiente di lavoro e diversi professionisti (psicologi, ergoterapisti, logopedisti, educatori e tutor) hanno operato in sinergia per consentire ai ragazzi di scoprire in sé stessi le risorse per raggiungere i propri obiettivi. Che soddisfazione!
Però, perché questa rete funzioni davvero, è essenziale che ogni professionista coinvolto sia pienamente consapevole delle proprie competenze e dei propri limiti. Non è sufficiente conoscere le etichette diagnostiche per definirsi “esperti” o sentirsi in grado di aiutare un giovane in difficoltà.
Personalmente, ho conseguito un diploma come tutor dell’apprendimento per l’autismo ad alto funzionamento circa dieci anni fa, ma per molto tempo non mi sono proposta per seguire ragazzi con questa neurodivergenza: non mi sentivo pronta. Ero focalizzata principalmente su DSA e ADHD, e ritenevo di non avere ancora maturato l’esperienza necessaria. Circa cinque anni fa ho incontrato Tatiana (nome di fantasia), venuta da me per difficoltà legate alla discalculia. All’inizio è stato molto difficile comunicare con lei e riuscire a farla “uscire dal suo bozzolo”. Dopo un po’ di tempo, però, ho trovato il modo giusto per relazionarmi con lei e le cose hanno cominciato a funzionare. Un successivo approfondimento diagnostico ha rivelato la presenza di autismo ad alto funzionamento. Ho continuato a lavorare con lei che, essendo una ragazza molto intelligente, mi ha insegnato tantissimo (grazie, Tatiana!).
Da allora, ho iniziato a seguire anche altri ragazzi con un profilo funzionale simile, integrando gradualmente queste esperienze nel mio bagaglio professionale. Solo recentemente ho iniziato a sentirmi davvero sicura nel prendermi cura di persone con queste caratteristiche.
Sono profondamente convinta che la maggior parte dei miei colleghi e dei professionisti che si occupano di questi ragazzi lo faccia con competenza, rispetto ed esperienza. Tuttavia, in qualche raro caso, mi capita di incontrare atteggiamenti diversi. In quelle situazioni si percepisce subito che qualcosa non va: si notano un linguaggio poco rispettoso, che riduce la persona alla sua condizione, frasi stereotipate sui disturbi, scarsa sensibilità educativa, incapacità di cogliere le differenze come potenzialità.
Sappiamo bene che la cultura delle neurodivergenze non è ancora pienamente diffusa nella nostra società. Ma quando certi atteggiamenti provengono proprio da chi si propone per sostenere questi giovani, fanno doppiamente male.