Velocità di elaborazione
Il Punto di Paola - Lugano, 05 maggio 2024, 11:22
Mia figlia minore oggi studia giurisprudenza e spesso lamenta di avere bisogno, per studiare venti pagine, dello stesso tempo che basta alla sua compagna per studiarne cento! Ma lei non si lascia demoralizzare: è molto consapevole, studia cinque volte di più e se la cava egregiamente.
Chi ha letto almeno una relazione diagnostica di disturbo specifico dell’apprendimento o di deficit dell’attenzione sa che uno dei quattro parametri che concorrono a formare un profilo cognitivo è la velocità di elaborazione. Si tatta della velocità di processamento delle informazioni: se questo punteggio è basso, significa che la persona ha bisogno di più tempo per elaborare e dunque sarà più lenta nei compiti cognitivi. Ovviamente questa lentezza non ha nulla a che fare con la qualità dell’elaborazione, ma solo con il tempo necessario per completarla.
Purtroppo, questa caratteristica penalizza molto gli studenti a causa dell’ingiustificata importanza che il sistema educativo attribuisce al fattore tempo.
Mia figlia minore oggi studia giurisprudenza e spesso lamenta di avere bisogno, per studiare venti pagine, dello stesso tempo che basta alla sua compagna per studiarne cento! Ma lei non si lascia demoralizzare: è molto consapevole, studia cinque volte di più e se la cava egregiamente.
La sua consapevolezza deriva dall’esperienza passata, quella di una bambina che si è sempre sentita “fuori tempo”. Mi diceva: “Mamma, durante le spiegazioni vorrei intervenire e fare domande ma, quando sono pronta, loro sono già passati a un altro argomento”.
La lentezza esecutiva è spesso associata alla mancanza di automatismi che caratterizza i ragazzi con DSA: se non ci sono gli automatismi, l’elaborazione cognitiva richiesta è molto superiore, il che complica ancora le cose.
Durante le scuole elementari, Melanie è stata sottoposta, da insegnanti del tutto inconsapevoli, a gare di calcolo a mente con il cronometro. Per quanto si esercitasse e sapesse eseguire i calcoli molto bene, non è mai riuscita a finire la serie nei tempi previsti e non ha mai ricevuto la tanto agognata medaglia. Ancora una volta, colpa del tempo!
Spero che queste pratiche anacronistiche siano sempre meno in uso nelle nostre scuole elementari (ovviamente parlo della gara a tempo, non dell’allenamento, che invece è sempre molto utile).
Il tempo in più è una misura compensativa riconosciuta dalla direttiva 56, così come la riduzione della lunghezza delle prove: non si tratta di una concessione da parte di scuole e insegnanti, ma del diritto di poter dimostrare le proprie competenze utilizzando tutto il tempo necessario.